– Il punto di Sebastiano Lo Monaco –
A cosa sono dovuti la carenza di personale e il taglio dei reparti
La pandemia da Covid19, anche per chi soffre di talassemia, ha portato alla ribalta inevitabilmente diverse problematiche a livello sanitario. Quella del taglio dei reparti, della carenza del personale ma soprattutto una spiccata differenza tra tutte e venti le regioni. Queste, infatti, gestiscono la salute pubblica come meglio credono. Creando, a conti fatti, sanità di serie A, sanità di serie B, se non addirittura di serie C. Mi riferisco alla riforma del titolo V della Costituzione. Brevemente di cosa si tratta? Nel titolo V della Costituzione vengono designate le autonomie locali come province, comuni e regioni.
L’inizio del percorso che porta alla modifica prende avvio negli anni settanta ma la riforma viene completata soltanto nel 2001. Approvata da una maggioranza di centrosinistra e confermata da un referendum. Il tutto, viene pensato per ostacolare il sempre più crescente fenomeno del federalismo, l’autentico cavallo di battaglia della Lega che nelle elezioni dello stesso anno si alleerà con Forza Italia. E saranno proprio le due compagini ad approfittare della modifica. Considerato che ad avvantaggiarsene saranno soprattutto le regioni guidate dal centrodestra come la Lombardia e il Veneto. Lo scopo è uno, ben preciso: dare allo stato una fisionomia federalista nella quale i centri di spesa e di decisione si spostano dallo stato centrale agli enti locali, nel tentativo di avvicinarli ai cittadini.
Cosa è accaduto agli ospedali con il taglio dei reparti
Dopo questa doverosa premessa, arriviamo al discorso sulle regioni che hanno competenza sulla sanità. Il loro budget è composto per un buon 70% dalle spese nel comparto sanitario. Ed è proprio qui che si instaurano le differenze principali tra le varie regioni. Soprattutto negli ospedali ormai considerati vere e proprie “aziende”. Tutti sappiamo che in ogni azienda che si rispetti quello che conta maggiormente è il bilancio. Per far quadrare i conti allora cosa si fa? Si tagliano i rami secchi, i reparti che non producono, oppure si sposta il personale dove ce n’è più bisogno. In una sorta di “ammuina” che lascia, alla fine, tutto come si trova.
È quello che è successo in Lombardia che nel caso della pandemia sta purtroppo pagando non solo il numero più alto di vittime, ma anche una capillare mancanza di sanità territoriale. Visto che le ASL sono state del tutto smantellate a vantaggio delle ASST. Ma dove si è visto cosa significhi il termine “tagliare” è in quei reparti che si sono trovati in prima linea nel gestire l’emergenza pandemica: le terapie intensive.
Il perché alcuni reparti vengano tagliati, accorpati e finanche chiusi è molto semplice: non producono. Anzi, sono un peso in più nel bilancio aziendale che vede nel rendiconto finale questi “pesi morti” che non portano un profitto ma che hanno un costo. Nella mentalità aziendalistica avere una sezione che non produce e che anzi va in perdita è inammissibile. Immaginate di possedere un’azienda che all’interno ha un reparto che non porta guadagno, vi fa spendere solo soldi.
Cosa comportano la carenza di personale e il taglio dei reparti per un talassemico
Fortunatamente questi tagli hanno toccato solo marginalmente i reparti di talassemia, un peso importante nell’economia aziendale di un ospedale. Si tratta di reparti che come la terapia intensiva producono poco e costano molto. Considerato che il numero dei pazienti si mantiene costante e che i costi sono più in uscita che in entrata. Parliamo: del costo del personale, di quello del materiale utilizzato, del costo delle trasfusioni, della spesa dei farmaci ferrochelanti di cui si fa carico l’azienda ospedaliera. Solo per rimanere nel settore della talassemia.
Se ancora non si è arrivati al taglio o all’accorpamento dei reparti è però vero che si assiste, in molti casi, alla carenza del personale medico/infermieristico. Ciò accade soprattutto nei periodi estivi, con tutto quello che questo comporta. Non sono pochi i casi in cui durante i mesi di luglio e agosto (ma anche durante le altre mensilità), all’interno dei reparti sono presenti due soli infermieri e due soli medici. E questo quando va bene. Cosa comporta la carenza di personale nell’economia di una giornata di day hospital è presto detto. Ritardi e stress per il paziente e per medici e infermieri che sono costretti a lavorare per due o anche per tre. È capitato anche a me di recarmi al reparto come al solito alle otto del mattino e attendere sino alle undici, anche alle dodici affinché la terapia trasfusionale venisse effettuata.
Le conclusioni sulla situazione sanitaria in merito alla talassemia
Il ritardo accumulato è poi impossibile da recuperare, considerato che trasfondere comporta un lasso di tempo ben preciso. La trasfusione va fatta in un’ora, un’ora e mezza e, quando come nel mio caso si fanno tre sacche, il conto è presto che fatto.
L’evento più eclatante che mi riguarda è successo nell’agosto del 2020. Recatomi in reparto al solito orario, ossia le otto del mattino, sono tornato a casa alle quattro e mezza del pomeriggio. Il motivo? Quel giorno tra ferie, malattie e improvvise assenze vi erano solamente due infermieri. Stoicamente, hanno fatto quanto potevano per venire incontro alle esigenze di sedici pazienti, visto che la trasfusione di per sé è solo la punta dell’iceberg di un processo che deve essere espletato con molta cautela e precisione.
Questo per dire cosa? Che la sanità è il bersaglio preferito di tutti i governi, di tutti i colori, di tutte le ideologie se questo termine ha ancora significato nell’Italia di oggi. Il comparto sanitario lo si può paragonare al vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro. Ma ciò che si taglia in quel preciso settore non è che un problema in più che il cittadino si trova a dover affrontare ogni qualvolta mette piede in un ospedale pubblico. La sanità italiana è stata massacrata metodicamente negli anni, sino a creare l’abominio delle regioni. Come abbiamo visto gestiscono a modo loro una sanità alla quale vengono, ogni volta, riservate le briciole. Basterebbe buttare un’occhiata alla somma riservata nel recovery plan, ma questa è un’altra storia.